Martedì 21 maggio presso la chiesa di Sant’Andrea delle Fratte, luogo di culto a pochi passi da Piazza di Spagna, è stato presentato il volume Salvare l’Europa. Il mistero delle dodici stelle scritto dal vaticanista del Tg2 Enzo Romeo. Sono intervenuti Matteo Truffelli, presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, Ernesto Preziosi, storico del Movimento Cattolico. L’incontro è stato moderato dal giornalista Mimmo Sacco e ha visto la presenza di Andrea Monda, direttore de L’Osservatore Romano, e Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, Arcivescovo di Reggio Calabria – Bova. Per conoscere meglio la genesi e il significato di questo libro, L’Ancora ha intervistato l’autore.
Quali sono le circostanze che l’hanno portata a scrivere questo libro?
Ci stiamo avvicinando a un appuntamento molto importante e delicato, quello delle elezioni per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo discutendo con gli amici della casa editrice Ave (che è l’editrice dell’Azione Cattolica Italiana, ndr) abbiamo pensato che offrire un’occasione di riflessione sull’Europa partendo anche da un dato di appartenenza cristiana fosse utile. Io avevo nel cassetto da tanti anni del materiale che avevo recuperato a Strasburgo presso gli archivi del Consiglio d’Europa che mi permettevano appunto di ricostruire la storia della bandiera europea, quella che tutti conosciamo e che ha 12 stelle su sfondo azzurro. Da questi documenti emerge un dato che pochi conoscono e cioè che questo simbolismo si richiama alla devozione mariana dell’Immacolata Concezione.
In questa ricerca che lei ha svolto, c’è qualche particolare che l’ha colpita maggiormente?
La storia è costruita da tante casualità che però in una chiave di credenti diventano segni della Provvidenza. A me ha colpito molto che per una serie di moltissime circostanze la bandiera fu adottata l’8 dicembre 1955, proprio nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa dell’Immacolata Concezione. Nessuno lo aveva preventivato e nessuno tra coloro che erano incaricati di votare l’adozione della bandiera aveva in mente questa cosa, eppure avvenne così. Scovando le carte e leggendo lo scambio di lettere, si capisce che alcuni che avevano lavorato per l’adozione di questa bandiera in cuor suo sperava che questo avvenisse. Non ci fu mai un’esplicitazione di questo perché non si voleva dare una coloritura confessionale.
Che valore ha il suo libro nell’attuale dibattito culturale nel quale c’è un vivace confronto fra i sostenitori dell’identità e quelli dell’accoglienza?
È indispensabile che noi non neghiamo quelle che sono le radici cristiane, anzi, dobbiamo valorizzarle. Però bisogna capirsi su un fatto: cosa vuol dire recuperare la propria identità cristiana? Vuol dire sguainare una spada per colpire qualcuno, un presunto avversario, un nemico, un concorrente oppure significa essere più inclusivi, più accoglienti e quindi costruire un’Europa più ispirata all’insegnamento del Vangelo?
Da protagonista del mondo dell’informazione, secondo lei in questa campagna elettorale si è veramente parlato di Europa oppure il dibattito si è appiattito su questioni nazionali?
Si è parlato di Europa però partendo sempre dai propri problemi e in un certo senso è anche giusto così, però io segnalo questa contraddizione: da una parte si accusa l’Europa di essere una grande ed inutile macchina burocratica che non solo non ci aiuta a risolvere i problemi, ma che vuol farci i conti, ci toglie sovranità, respiro dall’altra però è all’Europa che si chiede la soluzione dei problemi che ci angosciano. Come fare a mettere insieme queste due cose? L’ho notato durante la campagna elettorale, ma lo noto anche in quello che è l’umore delle persone. Probabilmente sono le grandi paure di questo momento che spingono ad avere questa visione. Si capisce poi che senza una visione alta di approccio comunitario ai problemi, questi problemi sono irrisolvibili nella società globalizzata nella quale viviamo