Senza istruzione corriamo il rischio di prendere sul serio le persone istruite. G.K.C.

È stata da poco celebrata la LIII Giornata delle Comunicazioni Sociali. Abbiamo parlato del tema della comunicazione con Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede.

Quale parte del messaggio che il Santo Padre ha scritto per questa occasione l’ha colpita maggiormente?

Ci deve colpire ciò che il Papa scrive nel titolo del messaggio, cioè Siamo membra gli uni degli altri che è un richiamo all’unità che ci contraddistingue come genere umano e come Chiesa. Questo titolo vuol dire che se la rete, anziché unirci ci divide; se l’identità costruita in rete, anziché portarci alla comprensione ci porta a identità costruite sulla negazione dell’altro; anziché creare occasioni di incontro, ci porta alla solitudine; ci fa perdere il senso di quello che siamo, bisogna avere un sovrappiù di responsabilità. Bisogna sentisi chiamati a riportare gli uomini e le donne del nostro tempo a incontrarsi in carne ed ossa, a riscoprire il valore della condivisione e della comunità.

Dal punto di vista del suo ruolo di Prefetto del Dicastero per la Comunicazione, come vede la realtà dell’informazione nelle diocesi? Riescono i mezzi di comunicazione delle 226 diocesi italiane a raccogliere la sfida della comunicazione?

Si tratta sempre di un cammino: guai a pensare di essere arrivati! Penso che nelle diocesi si stia facendo proprio questo cammino, fondato sull’incontro delle persone. La parte più interessante, appunto, è quella di riuscire ad offrire insieme un servizio, un luogo d’incontro e un luogo di testimonianza della verità e dell’essere cristiani. Quando la rete riesce a essere questo, cioè a non costruire un mondo a parte, ma ad essere parte reale del nostro mondo, quando la parola disincarnata della rete, prende forma in uomini in carne ed ossa che si incontrano, allora la sua efficacia è reale. È questo quello che ci viene richiesto e mi pare che il lavoro che si fa nelle diocesi sia tutto in questa direzione.

Ci può fare un esempio concreto di quello che ha appena affermato?

Si può vedere ciò nell’accompagnamento di chi per età padroneggia con scioltezza i mezzi di comunicazione più moderni e che può insegnarne l’uso a chi non è un nativo digitale e deve essere pertanto aiutato in questo mondo. Allo stesso tempo sono gli anziani che devono insegnare ai più giovani a capire i contenuti. Insomma è necessario essere presenti nella rete e far sì che la connessione sia una comunione e non soltanto un collegamento sterile.

Da quello che si apprende dai mezzi di informazione, la riforma della Curia farà sì che questa sia sempre di più a servizio di tutte le diocesi è non solo in modo esclusivo del Papa. Il Dicastero delle Comunicazioni sarà coinvolto in questo tipo di processo?

Al di là della riforma della Curia in corso, io credo che il Dicastero della Comunicazione nel suo essere a servizio del Papa è anche a servizio delle Chiese locali e a servizio dei cristiani che parlano diverse lingue e così rende evidente questo legame che ci unisce, questo nostro essere una comunità che, attraverso la comunicazione, condivide la ricerca della verità e la testimonianza della fede

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