La chiesa del Gesù si trova nel pieno centro di Roma e rappresenta a livello architettonico il cuore della spiritualità gesuita. Il tempio infatti fu voluto dallo stesso fondatore della Compagnia di Gesù, Ignazio di Loyola, che nel fra la fine del 1550 e l’inizio del 1551 vide la posa della prima pietra. Vari architetti misero mano al progetto, ma gli interventi più importanti si devono al Vignola e a Giacomo della Porta.
La struttura della chiesa è quella tipica degli edifici religiosi costruiti nel periodo della Riforma Cattolica: la chiesa ha una pianta a croce latina; un’unica navata, tale da favorire il raccoglimento e la concentrazione durante le sacre funzioni; sei cappelle laterali, tre a destra e tre a sinistra; e una cupola.
Si accede alla chiesa per mezzo di tre porte. Sopra quella centrale è possibile vedere il simbolo della Compagnia di Gesù, che è composto dalle lettere JHS (le prime lettere del nome di Gesù in greco), da una croce sopra la H e dai tre chiodi della croce sotto di essa. Sopra le porte laterali troviamo invece le statue di Sant’Ignazio, a sinistra, e di San Francesco Saverio, a destra.
Sulla trabeazione leggiamo la scritta “Alexander Cardinalis Farnesius S.R.E. vicecanc fecit MDLXXV (=Il Cardinale Alessandro Farnese, vicecancelliere di Santa Romana Chiesa, fece costruire nell’anno 1575). Il Card. Farnese infatti fu munifico donatore verso la Chiesa del Gesù.
Portandoci all’interno della chiesa, possiamo subito ammirare uno dei massimi capolavori di Giovan Battista Gaulli: il trionfo del nome di Gesù. Il monogramma di Gesù (JHS) è adorato da una moltitudine di angeli e di santi. Fra questi possiamo notare Ignazio con i paramenti liturgici, sulla destra, e i magi, sulla sinistra.
Tutta la composizione è ispirata al verso paolino “perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (cfr. Fil 2,10-11) che è possibile leggere su un cartiglio tenuto da alcuni angeli. Infatti le figure, disposte dentro la cornice, su di essa e fuori, rispecchiano proprio la tripartizione del citato passo biblico.
I Gesuiti volevano che la loro chiesa rispondesse a criteri di funzionalità e per questo dotarono la navata di un pulpito. Avrebbero anche voluto un soffitto piatto, in modo tale da poter propagare meglio la voce del predicatore, ma in questo non furono assecondati dal pur generoso cardinale Farnese il quale preferiva una volta a botte, come quella che appunto oggi possiamo ammirare.
Spostando ora la nostra attenzione verso il presbiterio, possiamo concentrarci sulla pala dell’altare maggiore. Essa è opera del pittore romano Alessandro Capalti che ha raffigurato l’episidio della circoncisione di Gesù. Come sappiamo, durante questo rito, che avveniva otto giorni dopo la nascita, veniva dato anche il nome, in questo caso “il nome di Gesù” al quale è dedicata la chiesa. La tela, attraverso un ingegnoso meccanismo, si può abbassare e mostrare la statua del Sacro Cuore.