Senza istruzione corriamo il rischio di prendere sul serio le persone istruite. G.K.C.

Continuano le nostre interviste a personaggi che interverranno al primo Meeting dei giornali cattolici on line che si terrà dal 12 al 14 giugno presso Grottammare (AP). Oggi abbiamo contattato Giovanni Tridente, Professore Incaricato di “Etica Informativa” ed “Opinione Pubblica” presso la Facoltà di Comunicazione Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce e Coordinatore dell’Ufficio Comunicazione e Stampa presso la medesima università. Il docente è anche autore del recentissimo volume “Teoria e pratica del giornalismo religioso. Come informare sulla Chiesa Cattolica: fonti, logiche, storie e personaggi” edito da Edusc.

Professore, lei opera all’interno di un’istituzione che forma coloro che saranno responsabili delle comunicazioni nelle varie diocesi del mondo. Quali sono i requisiti fondamentali che deve avere una figura professionale di questo tipo? Chi opera negli Uffici di Comunicazione di istituzioni ecclesiastiche deve innanzitutto amare la Chiesa e la propria professione. Ciò lo spingerà inevitabilmente ad un desiderio di formazione costante, sia umana che professionale appunto, che lo porterà a vivere in quasi-simbiosi con l’istituzione per cui opera e a rapportarsi con il mondo dei media in maniera amichevole, in totale spirito di apertura e servizio.

Tra le cose che insegnamo ai nostri studenti, i quali provengono da decine di Diocesi e Paesi di tutto il mondo, c’è proprio questa attitudine a non vivere con paura il rapporto con i giornalisti, anzi a cercare tutte le vie possibili per instaurare con gli stessi un rapporto cosiddetto “win-win”, che è di beneficio sia per l’istituzione che per il mondo dell’informazione.

Un altro aspetto fondamentale riguarda il dire sempre la verità, rifuggendo la tentazione di voler nascondere eventuali fallimenti. Questo atteggiamento, infatti, è deleterio, perché a lungo andare crea soltanto problemi ulteriori.

Legato a ciò, c’è la necessità di imparare ad “anticipare” le possibili crisi mediatiche che potrebbero colpire l’istituzione, studiando proprio nei momenti di tranquillità le soluzioni a problemi che un giorno ci si potrebbe trovare a vivere. Perché, volenti o nolenti, presto o tardi, ciò accadrà e bisognerà risultare preparati.

Come ricordavamo nell’introduzione, lei è autore di un volume che viene a colmare una lacuna nel campo della formazione dei giornalisti che si occupano dell’informazione religiosa. Quali sono i punti forti del suo libro?

Come lei dice, si tratta di un tentativo editoriale, ad oggi, unico nel suo genere, concepito proprio per venire incontro al bisogno di tanti colleghi chiamati a raccontare la Chiesa e il mondo vaticano e che casomai non hanno ricevuto una formazione specifica al riguardo, perché si occupavano ad esempio di tematiche totalmente estranee all’ambito religioso.

Ovviamente, proprio per il taglio teorico-pratico e accademico-esperienziale, è rivolto anche a quei giovani che studiano nelle facoltà di giornalismo e comunicazione, dove spesso non si fa esplicito riferimento al settore della religione e della Chiesa come avviene invece per la politica o lo sport.

Per cui, ciò che il manuale offre agli uni e agli altri è una conoscenza sistematica delle peculiarità della Chiesa e della sua organizzazione, oltre a strumenti necessari per poter “raccontare” adeguatamente questa realtà e rendere un servizio il più possibile fedele alla verità.

È suddiviso in quattro grandi sezioni. La prima, introduttiva, offre uno “sguardo d’insieme” sull’argomento, spiegando perché anche nel settore dell’informazione sulla Chiesa sia giusto parlare di vera e propria teoria e pratica.

La seconda sezione, quella più corposa, segue in linea di massima la medesima impostazione della manualistica classica sul giornalismo, adattando metodi e temi (storia, formazione, fonti, documentazione, retorica, etica, Internet) al campo specifico della religione.

Nella terza parte vengono offerte delle chiavi di lettura per comprendere la dinamica ecclesiale, ossia perché la Chiesa ha un proprio diritto, una propria gerarchia e si serve dell’economia per la sua missione. Infine, vengono spiegate alcune prassi istituzionali, come il ruolo del Papato, il magistero, l’organizzazione della Santa Sede, il Conclave e la Sede Vacante e l’importanza della diplomazia.

Un fiore all’occhiello di tutto il manuale considero che sia comunque il glossario di termini ecclesiastici e cattolici che compare nell’Appendice, dove è spiegato il significato di tanti vocaboli talvolta anche desueti, ma necessari per un “vaticanista”.

Il meeting che si terrà a Grottammare si occuperà in gran parte dei giornali diocesani. In che cosa si deve distinguere un giornale diocesano? Quali devono essere a suo avviso le sue peculiarità? Un giornale diocesano appartiene evidentemente all’Istituzione ecclesiale stessa, che ne è proprietaria, e quindi rappresenta in termini tecnici un “soggetto” di comunicazione istituzionale. Lavorare in un organo che è interno all’istituzione è perciò cosa diversa che lavorare per un mezzo generalista di proprietà altrui.

Fatto salvo il possesso di tutte le caratteristiche professionali tipiche di qualunque giornalista, chi informa per conto della Diocesi cercherà di rendere al meglio la trasmissione di contenuti propri, che mostrano ad esempio la vitalità della Chiesa locale, ricorrendo principalmente a testimonianze, storie, volti…

Si guarderà bene, poi, dal cadere nel rischio tipico che lo studioso spagnolo Bru chiama “riduzionismo tematico” e che si identifica con la concentrazione dell’interesse informativo soltanto sulla vita dell’istituzione (nomine, provvedimenti…), dimenticandosi degli aspetti umani e sociali che comunque caratterizzano la vitalità dell’organismo o del territorio.

Lei parteciperà al meeting. Che cosa l’ha spinta a partecipare e cosa direbbe ad altri giornalisti per invogliarli a partecipare?

Quando ho saputo per puro caso che si stava organizzando una iniziativa di questo genere ho pensato subito che quello sarebbe stato anche il mio posto. Scrivo da quando avevo 16 anni e mi sono sempre interessato delle realtà informative locali e più in generale cattoliche.

Radunarsi per riflettere sulla propria professione, sul risvolto che questo compito ha sulla società è sempre un fatto positivo, dal quale non si possono che trarre insegnamenti utili, condividendo le migliori esperienze.

Sarà questo lo spirito con cui vi parteciperò e credo che sarà una buona occasione anche per altri colleghi per avvicinarsi a questo mondo dell’informazione religiosa che forse non è così pubblicizzato, ma fa davvero tanto per la missione della Chiesa in Italia.

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