Senza istruzione corriamo il rischio di prendere sul serio le persone istruite. G.K.C.

Troppo spesso sentiamo in tv storie di violenza nei confronti delle donne. Questi tristi episodi non avvengono soltanto laddove la donna è purtroppo considerata un essere di serie “B”, ma fanno parte anche della cronaca di paesi come il nostro, dove l’uguaglianza e l’emancipazione delle donne è (o dovrebbe essere) ormai da decenni un dato acquisito.

Si scatenano così in tv i dibattiti su un così triste fenomeno e talvolta capita che il cristianesimo venga additato come una delle matrici di odio verso le donne. L’accusa di misoginia verso la chiesa è piuttosto antica e prende le mosse dal fatto che le donne non possono accedere al sacerdozio. Si sostiene che una simile scelta sia fortemente maschilista e discriminante nei confronti della donna. Il cristianesimo, afferma questa tesi, sarebbe nemico giurato e irriducibile dell’universo femminile.

Ma le cose stanno davvero così? Ad una analisi più attenta e lungimirante, l’accesso al sacerdozio è l’unica cosa che nel cristianesimo viene negata alle donne, alle quali è comunque riconosciuta una gran dignità, spesso ricordata negli ultimi giorni anche da Papa Francesco. Basta pensare che la figura più amata e venerata nel cristianesimo, dopo quella di Gesù, è Maria. E la Madre del Salvatore è, nella compagine dei santi, in buona compagnia di moltissime altre figure femminili: pensiamo, solo per elencarne alcune, a Lucia, ad Agata, a Perpetua e Felicita. Il cristianesimo poi è l’unica religione nella quale uomini e donne ricevono lo stesso rito di iniziazione: il battesimo. È l’unica religione monoteista che consente a uomini e donne di stare insieme durante gli atti di culto.

Insomma, la dignità della donna è particolarmente tenuta in conto nella religione cristiana e questo perché lo stesso Gesù chiamò, rompendo con la cultura del suo tempo, fra i suoi discepoli delle donne. Per scoprire la genesi di questo amore del cristianesimo verso l’universo femminile può essere utile la lettura del libro “Le donne di Gesù. Figure femminili del Nuovo Testamento” di Maria Luisa Eguez edito dalle “Edizioni Messaggero Padova”.

L’autrice, classe 1951, nella breve prefazione afferma che questo non è un testo esegetico, tuttavia dimostra di avere un ottima padronanza del testo biblico. La Eguez esplora 12 tipologie di figure femminili del Nuovo Testamento, un numero che non sembra affatto casuale.

Ampio risalto viene dato alla Madre di Gesù, alla quale l’autrice dedica bel 29 pagine. La figura della Vergine viene attentamente analizzata partendo dal testo evangelico nel quale si colgono i vari echi veterotestamentari. Maria dunque viene descritta come una figura femminile pienamente inserita nella storia del suo popolo, nella quale le parole dell’Antico Testamento trovano compimento e pienezza.

Tutte le altre figure femminili prese in considerazione consentono di fare una duplice riflessione: da una parte si incontrano volti di persone che la cultura del tempo aveva escluso dal piano di salvezza di Dio, come la madre della straniera ( p. 73), e che vengono ampiamente esaltate da Gesù per la loro fede, dall’altra ogni donna analizzata permette di evidenziare qual è lo sguardo di Gesú verso l’umanità e verso il mondo femminile in particolare come nel caso dell’adultera (p. 63)

La lettura che l’autrice offre non è, come ella stessa afferma, un’interpretazione femminista del vangelo, ma offre lo spunto per comprendere come l’amore per il femminile sia una dimensione costitutiva e originale del cristianesimo, in sostanziale asimmetria con non pochi contesti culturali coevi alla nascita della nostra religione.

Un testo sicuramente consigliabile per avere un quadro generico, ma allo stesso tempo completo, su questo aspetto e che può essere di aiuto per la preparazione di un incontro di catechesi o una lezione di religione.

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