Archivi del mese: giugno 2019
ROMA – Nel contesto della LIII Giornata delle Comunicazioni Sociali, che si è celebrata domenica 2 giugno, si è tenuto martedì 4 giugno nella chiesa di Santa Maria in Monsanto a Piazza del Popolo (chiamata “la chiesa degli artisti, perché qui ruotano parecchie persone legate al mondo dello spettacolo, della cultura e dell’informazione) un incontro dal titolo Siamo membra gli uni degli altri. Dalle social network communities alla comunità umana. Durante questo evento è stato conferito a Mons. Marco Frisina il Premio Paoline Comunicazione e Cultura 2019. Il noto musicista ha gentilmente risposto a qualche domanda per il nostro giornale diocesano L’Ancora.
Con quelle spirito accoglie questo riconoscimento?
Con un po’ di sorpresa perché fino a qualche mese fa non sapevo nulla di ciò. Dall’altra parte accolgo questo riconoscimento come una sintesi del gran lavoro che ho fatto in questi anni in diversi campi della comunicazione: dalla liturgia, che è il luogo normale della mia attività, al cinema, alla televisione, al teatro. In questi campi ho dato con la mia musica un messaggio ed è bello vedere che questo viene in qualche modo compreso e riconosciuto, perché io ho visto la straordinaria potenza della comunicazione del Vangelo, quando viene a contatto con l’arte, con la bellezza, con la musica. È bello che ci si accorga che la comunicazione è per noi cristiani importante e ha un valore artistico notevole. Credo che il Vangelo dia qualche cosa di più alla comunicazione
Può dire ai nostri lettori di quanti brani si compone il suo repertorio e a quale fra questi si sente più legato?
Per la liturgia ho scritto più di 500 canti, 36 oratori, ho scritto musica per 34 film (sulla Bibbia, sulle vite dei Papi e sui Santi, ndr) e 4 opere per il teatro, tra cui la Divina Commedia che è ancora in scena. Sono affezionato alle musiche del primo film che ho musicato, Abramo, il primo della serie di film sulla Bibbia, oppure a quelle di Preferisco il Paradiso con Gigi Proietti nei panni di San Filippo Neri. Sono affezionato a Benedici il Signore anima mia che è stato il mio primo canto scritto la bellezza di 42 anni fa, quando ero un giovane ragazzo. Sono legato anche al musical La Divina Commedia, che mi sta dando tanta soddisfazione, ma la cui composizione è stata faticosa e difficile, ma a cui assegno una grande importanza, perché amo Dante e credo che, tanto da cristiano che da musicista, sia il più bel testo da musicare, dopo la Bibbia.
Cosa deve assolutamente evitare un coro?
Bisogna innanzitutto vedere di che coro si parla. Se si tratta di un coro liturgico, bisogna evitare di fare l’opera o di fare un concerto. Se invece è un concerto per l’opera, si tratta di evitare soprattutto la retorica che nel nostro mondo non ha più significato ed è invece necessario ritrovare la purezza dell’interpretazione. Questa antiretorica bisognerebbe sempre averla presente, altrimenti si celebra se stessi, invece la musica deve sempre veicolare un grande contenuto.
È stata da poco celebrata la LIII Giornata delle Comunicazioni Sociali. Abbiamo parlato del tema della comunicazione con Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede.
Quale parte del messaggio che il Santo Padre ha scritto per questa occasione l’ha colpita maggiormente?
Ci deve colpire ciò che il Papa scrive nel titolo del messaggio, cioè Siamo membra gli uni degli altri che è un richiamo all’unità che ci contraddistingue come genere umano e come Chiesa. Questo titolo vuol dire che se la rete, anziché unirci ci divide; se l’identità costruita in rete, anziché portarci alla comprensione ci porta a identità costruite sulla negazione dell’altro; anziché creare occasioni di incontro, ci porta alla solitudine; ci fa perdere il senso di quello che siamo, bisogna avere un sovrappiù di responsabilità. Bisogna sentisi chiamati a riportare gli uomini e le donne del nostro tempo a incontrarsi in carne ed ossa, a riscoprire il valore della condivisione e della comunità.
Dal punto di vista del suo ruolo di Prefetto del Dicastero per la Comunicazione, come vede la realtà dell’informazione nelle diocesi? Riescono i mezzi di comunicazione delle 226 diocesi italiane a raccogliere la sfida della comunicazione?
Si tratta sempre di un cammino: guai a pensare di essere arrivati! Penso che nelle diocesi si stia facendo proprio questo cammino, fondato sull’incontro delle persone. La parte più interessante, appunto, è quella di riuscire ad offrire insieme un servizio, un luogo d’incontro e un luogo di testimonianza della verità e dell’essere cristiani. Quando la rete riesce a essere questo, cioè a non costruire un mondo a parte, ma ad essere parte reale del nostro mondo, quando la parola disincarnata della rete, prende forma in uomini in carne ed ossa che si incontrano, allora la sua efficacia è reale. È questo quello che ci viene richiesto e mi pare che il lavoro che si fa nelle diocesi sia tutto in questa direzione.
Ci può fare un esempio concreto di quello che ha appena affermato?
Si può vedere ciò nell’accompagnamento di chi per età padroneggia con scioltezza i mezzi di comunicazione più moderni e che può insegnarne l’uso a chi non è un nativo digitale e deve essere pertanto aiutato in questo mondo. Allo stesso tempo sono gli anziani che devono insegnare ai più giovani a capire i contenuti. Insomma è necessario essere presenti nella rete e far sì che la connessione sia una comunione e non soltanto un collegamento sterile.
Da quello che si apprende dai mezzi di informazione, la riforma della Curia farà sì che questa sia sempre di più a servizio di tutte le diocesi è non solo in modo esclusivo del Papa. Il Dicastero delle Comunicazioni sarà coinvolto in questo tipo di processo?
Al di là della riforma della Curia in corso, io credo che il Dicastero della Comunicazione nel suo essere a servizio del Papa è anche a servizio delle Chiese locali e a servizio dei cristiani che parlano diverse lingue e così rende evidente questo legame che ci unisce, questo nostro essere una comunità che, attraverso la comunicazione, condivide la ricerca della verità e la testimonianza della fede